cucina gluten free di cheffrì

Un po’ per celia ma questa volta non troppo, forse un po’ più per provocazione, ma sempre senza prenderci troppo sul serio! C’è una regola e prassi che vuole che nei laboratori e nelle cucine dove si fa anche gluten free ci sia un angolo dedicato, pulito e preservato da ogni contaminazione. In genere è così e questo elemento conferisce una certa sicurezza ai celiaci e alle istituzioni che certificano la serietà della produzione senza glutine. Anche se ci sono realtà certificate e sicure che riescono a fare gluten free nonostante non ci sia un laboratorio a parte ma garantendo la non contaminazione attraverso accorgimenti indispensabili che ugualmente tendono a dare sicurezza ai clienti.

A questa premessa, ormai entrata quasi nella retorica del celiaco, se ne deve aggiungere un’altra che riguarda il cibo. A pensarci bene, infatti, quasi tutto il cibo è senza glutine! Cosa può mangiare un celiaco senza farsi problemi? Pesce, carne, frutta, legumi, verdura, riso, tuberi, ortaggi, a cui si aggiunge la gran parte dei formaggi e degli insaccati. Già così una persona celiaca potrebbe sopravvivere senza avere la necessità di particolari prodotti dedicati. E sono anche le categorie di cibo di cui si nutre maggiormente tutta la popolazione, non solo celiaca.

Dunque un cuoco maneggia principalmente questi prodotti e trasforma questi cibi, che non sono farine, pasta, dolci, pizza, cereali e via dicendo. Allora la domanda è: quale dovrebbe essere la proporzione degli spazi in una cucina? Più spazio al lavoro con il glutine o senza glutine? Qui sta la provocazione: perchè un cuoco che sta preparando le cotolette deve impanarle nello stesso posto dove ha battuto la carne, dove ha tagliato le verdure e maneggiato la gran parte dei prodotti senza glutine? Non si può fare il contrario? Impanare, infarinare, spadellare e bollire la pasta sono azioni che, insieme a tutte le altre azioni “contaminanti”, possono essere – queste si – svolte in un luogo separato della cucina, in modo da rendere sempre sicura e garantita la preparazione dei cibi naturalmente gluten free e negli stessi spazi maneggiare tutto ciò che è gluten free, compreso farine, pane, pasta speciali.
E qui cominciano le obiezioni, e siccome me le sono già fatte da solo le ripeto 🙂 : “Ma tu non sai cosa vuol dire lavorare in una cucina piccola!”; “i tempi di lavoro e la velocità sono complicati!”; “bisogna mettersi i guanti e cambiarsi il grembiule!”; “non si può tenere un bollitore soltanto per il gluten free!” e via dicendo (magari aggiungetene altre voi!).
Si lo so, ma so anche che ci sono tantissimi ristoranti in Italia e all’estero (a Londra ad esempio è frequente) che hanno ribaltato la suddivisione degli spazi in cucina, consapevoli – e questa cosa non mi stancherò mai di ripeterla – che garantire accoglienza di qualità ad un celiaco è un buon investimento commerciale e non una forma di pietà verso un disabile, ma anche cuochi che si sono abituati a questa modalità di cucina e a cui oggi viene naturale gestire con sicurezza il gluten free anche in spazi non enormi. Certo: il discorso cambia in pasticcerie e pizzerie! Ma noi cominciamo a cambiare il mondo in quei luoghi dove si può cambiarlo, il che è già un primo grande passo in avanti!